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15 Dicembre2003 La Lavazza leader in Italia, ma le multinazionali non stanno a guardare. L'interesse dimostrato dalla Starbucks al nostro mercato, sembra aver galvanizzato i torrefattori italiani i quali si stanno interessando sempre di più al mercato interno cercando di conquistare più quote possibili. Talune aziende non trascurano neanche nicchie di mercato come quello dell'homecoffe, con attrezzature innovative come l'esempio della Lavazza che da tempo è leader in questo settore, con la sua nuova macchina espresso a capsule, ora estendendo questa novità anche al settore bar e ristorazione con il progetto Lavazza Blue. Negli ultimi anni questa strategia del consumo domestico sembra dare ragione alle aziende che hanno investito in questo settore. Una interessante classifica è stata stilata da Il Mondo per evidenziare le quote di mercato ricoperte dalle aziende caffeicole nel nostro paese, regione del mondo in cui il caffè viene considerato un prodotto "caratteristico" anche se questa considerazione è basata più sui modi di proporlo, che come risorsa nazionale. |
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Le quote del mercato domestico del caffè (in volumi) in Italia redazione caffeonline.it
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03 Dicembre 2003 Un caffè buono per chi? Il caffè è, dopo il petrolio, il prodotto che crea più ricchezza in assoluto, ma questa ricchezza non rimane ai produttori. Negli ultimi anni c'è stato un crollo dei prezzi alla produzione, dovuto alle speculazioni più che al rapporto domanda-offerta. Il prezzo del caffè come quello di altri prodotti dei tropici è diminuito e di molto, dal 1998 al 2000 ha subito un crollo dell'80 per cento. Nel 2002 i raccolti di caffè sono cresciuti del 3,5 per cento mentre i consumi si sono alzati solo dell'1,5 per cento. Un eccesso di produzione, qualcuno sostiene, soprattutto in Brasile e in Vietnam, ma anche il grande potere delle multinazionali che controllano il 50 per cento di questo mercato. Il caffè è il secondo prodotto d'esportazione per importanza dopo il petrolio, le conseguenze di quello che sta accadendo sono drammatiche per i paesi produttori: milioni di piccoli agricoltori sono minacciati dalla povertà. Solo nell'America Centrale nel 2001 nel settore sono andati persi oltre 170 mila posti di lavoro. All'inizio degli anni Novanta il valore totale del caffè commerciato era di 30 miliardi di dollari, 12 dei quali andavano nei paesi d'origine. Nel 2000/2001 il giro d'affari è salito a 65 miliardi di dollari, ma soltanto 5,5 sono andati nelle tasche dei produttori. Come si spiega la differenza di prezzo dal caffè crudo alla tazzina? Uno dei primi effetti della crisi è stata la scomparsa di molte piccole compagnie: il commercio si è concentrato nelle mani di pochi soggetti e oggi circa il 50 per cento del mercato mondiale del caffè è in mano a sei multinazionali. Non solo, fino a pochi anni fa l'organizzazione internazionale del caffè Ico (International Coffee Organization) stabiliva le quote di produzione e sosteneva il prezzo sui mercati, ma non è più così. Di chi è la colpa? C'è chi dice la sovraproduzione e colpevolizza i produttori, ma giriamo la domanda a Dagoberto Suazo, direttore generale della Central de Coperativas Cafetaleras dell'Honuras, un consorzio di 62 cooperative che aderisce al circuito del commercio equo e solidale. "Il prezzo del caffè è crollato ed è ai minimi per colpa delle imprese che a livello mondiale ne controllano la lavorazione e la commercializzazione. Queste multinazionali utilizzano caffè di cattiva qualità e mettono in commercio quello prodotto anche dieci anni fa. Utilizzano gli stock invenduti per influenzare il prezzo. Se si togliesse dal commercio il caffè di cattiva qualità ci sarebbe un deficit di offerta, questa è la verità. I consumatori su questo hanno una grande responsabilità perché dovrebbero pretendere di sapere cosa bevono, se un caffè di prima o di terza scelta, di conoscerne la data di produzione. Le nostre cooperative hanno un sistema di rintracciabilita che permette di risalire non solo alla cooperativa, ma al singolo produttore ed è una garanzia per il consumatore finale". Il ruolo del commercio equo In questa situazione diventa ancor più importante il ruolo del commercio equo, che garantisce ai produttori stabilità di prezzo e continuità negli ordini. Un sovrapprezzo (di 15 dollari per 1000 libbre) per il caffè coltivato in agricoltura biologica, un sovrapprezzo di solidarietà (5 dollari per 100 libbre) rispetto a quello stabilito dalla Borsa, senza scendere mai sotto il minimo stabilito. Inoltre si evitano i mediatori locali che dettano le condizioni ai contadini, raggirandoli e ricattandoli, mentre le organizzazioni del commercio equo sono in grado di offrire, in caso di necessità, dei prefinanziamenti ai coltivatori fino al 60 per cento del prezzo di vendita garantito all'inizio del raccolto. Accedere al credito è infatti l'altra possibilità per i produttori di resistere alla crisi. Anna Somenzi (Coop Consumatori)
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16 Giugno 2003 La Caffeina non fa alzare la pressione Il cuore di chi ama bere un buon caffè, caffeina compresa, può stare tranquillo. Un' altra conclusione importante è che non è la caffeina ad avere un effetto stimolante sul sistema nervoso, ma le altre sostanze presenti nel caffè. A scagionare caffè e caffeina circa gli effetti sulla pressione e' uno studio svizzero, pubblicato sulla rivista Circulation. Secondo Roberto Corti, inoltre, cardiologo dell 'Ospedale Universitario di Zurigo e capo del team di ricercatori, ''lo studio suggerisce che sono altri ingredienti del caffè i responsabili dell'effetto stimolante sul sistema nervoso''. Ciò dimostra secondo Corti ''quanto poco si sappia degli effetti che questa bevanda così diffusa provoca sull 'organismo''. |
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16 Giugno 2003 Di Vito Palumbo, Italiasalute.it
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Mixer magazine Febbraio 2003 Il gusto dei...soldi Troppo spesso il sapore dell'espresso non è buono, è bruciato o acquoso. Perchè? I finanziamenti contano più della miscela? Di Paolo Borgio e Laura Sabina Conti Il caffè è il prodotto principe dei bar italiani: la pausa del caffè, rimane infatti, un momento di svago, di relax, uno stacco dal lavoro e un momento per socializzare o per incontrarsi con gli amici. Inoltre, il caffè è senz 'altro la merceologia che avvicina maggiormente i clienti a un locale, particolarmente al mattino,. Da una ricerca del CIRM commisionata da MIXER e FIPE è emerso che il 35% degli intervistati si reca al bar per la prima colazione, consumando il rito quotidiano del caffè e cappuccio con brioches. Il caffè, pertanto è prezioso anche in termini di fatturato, che a seconda della tipologia del locale può rappresentare dal 17 al 52% circa del totale. Eppure qualcosa non funziona come dovrebbe. A fronte di un costante aumento dei consumi extra-domestici (oggi in Italia il canale Ho.re.ca. assorbe circa il 30% dei consumi totali, quando negli anni '90 ne assorbiva solo il 20%), il caffè è una delle poche merceologie a perdere terreno anno dopo anno e a non segnare un trend di crescita positivo. La gente oggi consuma meno caffè al bar, e questo rappresenta un grosso problema per lo stato di salute dei pubblici esercizi. Prima di tutto il caffè è in grado come nessun altro prodotto di offrire all 'esercente un margine di guadagno molto alto: per un 'espresso ci vogliono 8g di miscela, che costano all 'esercente circa 0,18 euro, e lo stesso viene rivenduto a non meno di 0,80 euro. Inoltre se un cliente perde l'abitudine di entrare in una bar per consumare un caffè, probabilmente perderà anche l'abitudine di recarvisi nella pausa pranzo o per l'aperitivo. Si sa poi che un cliente abituale, spesso porta nel bar di fiducia amici o colleghi per consumare un buon caffè, generando ulteriori introiti per l'esercente e ampliando il giro di clienti del locale. Vediamo, quindi, di analizzare quelle che secondo noi sono le cause principali di questa perdita di appeal. Il motivo principale è che spesso il caffè al bar non è buono: o è bruciato o è troppo acquoso. Di solito. La qualità vince ogni settore del Food&Beverage e non si capisse per quale motivo il caffè debba essere un' eccezione. A nostro avviso, la causa di ciò potrebbe essere da ricercare nella complicità utilitaristica e funzionale che si è creata fra molti esercenti e torrefattori. Sulle pagine di MIXER ne abbiamo parlato varie volte e cercheremo ora di essere sintetici. Capita sovente che i pubblici esercizi abbiano difficoltà nell'ottenere finanziamenti da banche o da istituti di credito, e che li ottengano invece grazie ai torrefattori, che tramite il contatto continuo con un locale ne conoscono perfettamente l'andamento e possono fungere da ponte con gli istituti. In questo modo, l'esercente scontera i 4-5000 e talvolta 30-40000 euro ottenuti impegnandosi in contratti pluriennali con il torrefattore, che in alcuni casi diventa il vero padrone della situazione, cambiando qualità di miscela o prezzo a proprio piacimento. Se inizialmente questa pratica ha permesso l'apertura di molti locali, con l'andare del tempo ha assunto risvolti negativi: troppo spesso la qualità del caffè viene messa in secondo piano rispetto ai benefits che un torrefattore garantisce all 'esercente. Quante volte al momento della stipula di un contratto ci si dimentica di provare la miscela proposta dal torrefattore? La logica del tanto il caffè è tutto uguale e al mio cliente piacera di sicuro prevale in troppe occasioni. Nulla di più sbagliato. Dalla ricerca del CIRM è emerso chiaramente che la qualità del caffè è fondamentale per fidelizzare un cliente al bar. Con questo comportamento, un esercente dimentica le 5M necessarie per un buon caffè: macchina, miscela e tostatura, macinatura e dosatura, manutenzione, mano è professionalità. Se l'attrezzatura viene data in comodato dal torrefattore, perchè preoccuparsi della manutenzione? E così, il caffè cresce molto bene nelle cialde e nelle miscele per macchinette da ufficio o da casa, ma non al bar. Le due preparazioni non sarebbero paragonabili nella qualità, ma spesso accade che queste ultime siano migliori. Gli uffici si attrezzano meglio, le persone fanno colazione a casa e i bar rimangono sempre più vuoti. Se nel 1990 il consumo quotidiano medio di caffè in un bar era di 2kg, oggi la quantità è scesa a 1,5 -1,6 kg perdendo il 25% del business più redditizio dell'attività! Oggi si consumano sempre più caffè macchiati e cappuccini...forse per mascherare il cattivo gusto del caffè? Quali soluzioni? Riprendere contatto con il caffè, scegliere un fornitore in base alla qualità della miscela e non in base ai benefits concessi, cambiare la miscela qualora si trovi un migliore rapporto di qualità/prezzo, preparare (come fanno già in molti locali) una carta del caffè, che spieghi le caratteristiche delle miscele. Diventate conoscitori e cultori del caffè i clienti vi ripagheranno . Il successo sarà quasi assicurato. |
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