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Il segreto del caffè più pregiato

Si chiama kopi-luwak, cresce in Africa ed è uno dei più costosi (circa 600 euro al Kg) caffè al mondo. Leggenda vuole che a renderlo squisito sia il fatto di essere prima digerito dalla civetta delle palme (un roditore, nonostante il nome). Ora un ricercatore dell'Università dell'Ontario, Massimo Marcone, ha scoperto che è davvero così. Il Motivo per cui questo caffè risulta così prelibato e privo di retrogusto amaro è proprio il passaggio dei semi nell'intestino dell'animale, dove viene trattato dai succhi gastrici. I chicchi vengono recuperati fra le deiezioni dell'animale, inevitabilmente in quantitativi limitati.

PANORAMA DICEMBRE 2004

 

Espresso al bar -Gruppo Triveneto Torrefattori Caffè-

In questi giorni sono apparsi numerosi articoli sul prezzo del caffè espresso praticato dai pubblici esercizi ai loro clienti, prezzo che oscilla, senza considerare nè i prezzi minimi nè quelli massimi, dai 0,75 centesimi di euro ai 0,90 centesimi di euro alla tazzina. Tra le altre cose, è stato detto che, considerato il costo di 7-8 gr di caffè pari a circa 0,14-0,15 centesimi di euro, il prezzo della tazzina al bar è il risultato di un ricarico del 457% che è eccessivo. Ma quanti sono e quanto incidono i costi di gestione sull'espresso servito al bar? Facciamo un pò di semplici calcoli chiarificatori. Fermo restando che il consumo da parte di un bar medio, considerati i consumi a livello nazionale, è di circa 1,5 Kg al giorno e pertanto, che l'esercente incassa € 160,00 dalla vendita di 200 caffè a 0,80 centesimi cadauno, fermo restando inoltre che, in base ai dati ricevuti dalla stessa stampa, questo incasso rappresenta 1/3 dell'introito totale giornaliero, consideriamo ora i costi che affliggono il barista.

Se un bar medio per funzionare ha bisogno di tre persone, il totale delle spese annue si aggira intorno ai € 104.000,00 e precisamente: € 66.000,00 spese dipendenti; €18.000,00 costo annuo affitto; € 20.000,00 spese riscaldamento, elettricità, varie =TOTALE €104.000,00

Facendo gravare queste spese per 1/3 sul caffè e pertanto:

€ 104.000,00 : 3 = -1/3 spese di gestione = € 34.666,67
€ 160,00 di incasso giornaliero x 290 gg - incasso medio annuo sul caffè = € 46.400,00

la differenza è corrispondente a un ricarico del 33,85 % (non del 457%)

€ 11.733,33

Vi sono poi moltissime altre variabili che incidono ancora più pesantemente sulla tazzina. Se, ad esempio, consideriamo che il gestore può essere in affitto d'azienda non essendo proprietario della attività, il canone di locazione può lievitare dai €1500,00 mensili che ho prima ipotizzato sino a 3000,00-3500,00 €. Se poi la gestione avesse bisogno, anzichè di tre, di quattro persone bisognerebbe aggiungere alla voce spese dipendenti altri € 22.000,00. Considerate queste due variabili (affitto d'azienda, quarto dipendente) che costano al gestore altri € 40.000,00, il totale spese sopra preventivato raggiunge l'importo di € 144.000,00. Poichè un 1/3 dei costi totali, come sopra detto, grava sulla tazzina l'esercente non solo non guadagna ma ha un margine negativo di € 1.600,00 corrispondente al 3,45% e precisamente:

€ 46.400,00 incasso medio annuo sul caffè
€ 48.000,00 144.000,00 : 3 - 1/3 spese annue in affitto d'azienda con 4 dipendenti
- € 1.600,00 margine negativo!

Direi allora che la domanda che ci si può porre è come facciano taluni ad andare avanti e non invece perchè ci siano 130.000,00 bar in Italia. Oramai spese di gestione, oneri ed adempimenti sempre più gravosi, sono problemi comuni non solo ai pubblici esercizi ma coinvolgono anche le aziende torrefattrici strette sempre più nella morsa dei costi crescenti.

co.dr. Giorgio Caballini di Sassoferrato Presidente del Gruppo Triveneto Torrefattori Caffè

 

Drink Different: Dieci nuovi modi di bere il caffè

La novità della Diemme Caffè presentata al Siegep di Rimini Fiera e a Tecnobar & Food di PadovaFiere

Un caffè per ogni ora. Si chiama Drink Different il nuovo, rivoluzionario modo di fare la pausa caffè proposto da Diemme, mantenendo la vocazione e la fedeltà alla tradizione dell'espresso e all'eleganza che da sempre contraddistingue la storica torrefazione padovana. Una novità che Diemme ha presentato in occasione del Sigep a RiminiFiera, dal 17 al 21 gennaio, e al Tecnobar & Food a Padovafiere, dall'8 al 12 febbraio. “Drink Different è un nuovo e originale modo di proporre il caffè - spiega Giannandrea Dubbini, che gestisce l'impresa con i fratelli Federico e Sebastiano. Una carta raffinata che da un'immagine dell'azienda Diemme dinamica e reattiva alle nuove esigenze del mercato, sensibile ai bisogni d'innovazione dell'esercente che vuole essere maggiormente propositivo verso la clientela, offrendo un caffè diverso per gli orari più insoliti”. Ricette veloci, gradevoli e dai sapori originali, è questo il punto qualificante del progetto Drink Different. Ecco che l'esercente si diverte nella sperimentazione e preparazione di queste ricette, migliorando sempre più le proprie abilità, accrescendo la propria professionalità e aumentando anche il proprio business. Dieci le diverse specialità Drink Different che il cliente può scegliere e degustare: dai cocktail caldi, (Cioco Smart, Cremuccio, Nutè, Amaretto e Caffarancio) a quelli freddi (Fragoloso, Frappino, Brivido, Caffègelé e Shakè), perché il caffè possa adattarsi ad ogni momento della giornata, ad ogni stagione e ad ogni esigenza, per dare a tutti, soprattutto ai più giovani, una nuova opportunità di degustare il caffè. Un modo tutto nuovo, quindi, per attirare la clientela e accrescere l'immagine al proprio bar. “Diemme - conclude Dubbini - organizzerà per tutti gli esercenti che decideranno di aderire all'iniziativa Drink Different dei veri e propri corsi di specializzazione con barman professionisti, in grado di fornire una consulenza a 360 ° nel mondo del caffè e nella preparazione di questi cocktail a base di caffè”.

 

Ufficio Stampa Studio Fenice Pr
Alessandra Ferri De Lazara
Evelina Bergamasco
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15 Dicembre2003 La Lavazza leader in Italia, ma le multinazionali non stanno a guardare.

L'interesse dimostrato dalla Starbucks al nostro mercato, sembra aver galvanizzato i torrefattori italiani i quali si stanno interessando sempre di più al mercato interno cercando di conquistare più quote possibili. Talune aziende non trascurano neanche nicchie di mercato come quello dell'homecoffe, con attrezzature innovative come l'esempio della Lavazza che da tempo è leader in questo settore, con la sua nuova macchina espresso a capsule, ora estendendo questa novità anche al settore bar e ristorazione con il progetto Lavazza Blue. Negli ultimi anni questa strategia del consumo domestico sembra dare ragione alle aziende che hanno investito in questo settore. Una interessante classifica è stata stilata da Il Mondo per evidenziare le quote di mercato ricoperte dalle aziende caffeicole nel nostro paese, regione del mondo in cui il caffè viene considerato un prodotto "caratteristico" anche se questa considerazione è basata più sui modi di proporlo, che come risorsa nazionale.

 

Le quote del mercato domestico del caffè (in volumi) in Italia

Redazione caffeonline

 

03 Dicembre 2003 Un caffè buono per chi?

Il caffè è, dopo il petrolio, il prodotto che crea più ricchezza in assoluto, ma questa ricchezza non rimane ai produttori. Negli ultimi anni c'è stato un crollo dei prezzi alla produzione, dovuto alle speculazioni più che al rapporto domanda-offerta.

Il prezzo del caffè come quello di altri prodotti dei tropici è diminuito e di molto, dal 1998 al 2000 ha subito un crollo dell'80 per cento. Nel 2002 i raccolti di caffè sono cresciuti del 3,5 per cento mentre i consumi si sono alzati solo dell'1,5 per cento. Un eccesso di produzione, qualcuno sostiene, soprattutto in Brasile e in Vietnam, ma anche il grande potere delle multinazionali che controllano il 50 per cento di questo mercato. Il caffè è il secondo prodotto d'esportazione per importanza dopo il petrolio, le conseguenze di quello che sta accadendo sono drammatiche per i paesi produttori: milioni di piccoli agricoltori sono minacciati dalla povertà. Solo nell'America Centrale nel 2001 nel settore sono andati persi oltre 170 mila posti di lavoro. All'inizio degli anni Novanta il valore totale del caffè commerciato era di 30 miliardi di dollari, 12 dei quali andavano nei paesi d'origine. Nel 2000/2001 il giro d'affari è salito a 65 miliardi di dollari, ma soltanto 5,5 sono andati nelle tasche dei produttori. Come si spiega la differenza di prezzo dal caffè crudo alla tazzina? Uno dei primi effetti della crisi è stata la scomparsa di molte piccole compagnie: il commercio si è concentrato nelle mani di pochi soggetti e oggi circa il 50 per cento del mercato mondiale del caffè è in mano a sei multinazionali. Non solo, fino a pochi anni fa l'organizzazione internazionale del caffè Ico (International Coffee Organization) stabiliva le quote di produzione e sosteneva il prezzo sui mercati, ma non è più così. Di chi è la colpa? C'è chi dice la sovraproduzione e colpevolizza i produttori, ma giriamo la domanda a Dagoberto Suazo, direttore generale della Central de Coperativas Cafetaleras dell'Honuras, un consorzio di 62 cooperative che aderisce al circuito del commercio equo e solidale. "Il prezzo del caffè è crollato ed è ai minimi per colpa delle imprese che a livello mondiale ne controllano la lavorazione e la commercializzazione. Queste multinazionali utilizzano caffè di cattiva qualità e mettono in commercio quello prodotto anche dieci anni fa. Utilizzano gli stock invenduti per influenzare il prezzo. Se si togliesse dal commercio il caffè di cattiva qualità ci sarebbe un deficit di offerta, questa è la verità. I consumatori su questo hanno una grande responsabilità perché dovrebbero pretendere di sapere cosa bevono, se un caffè di prima o di terza scelta, di conoscerne la data di produzione. Le nostre cooperative hanno un sistema di rintracciabilita che permette di risalire non solo alla cooperativa, ma al singolo produttore ed è una garanzia per il consumatore finale".

Il ruolo del commercio equo

In questa situazione diventa ancor più importante il ruolo del commercio equo, che garantisce ai produttori stabilità di prezzo e continuità negli ordini. Un sovrapprezzo (di 15 dollari per 1000 libbre) per il caffè coltivato in agricoltura biologica, un sovrapprezzo di solidarietà (5 dollari per 100 libbre) rispetto a quello stabilito dalla Borsa, senza scendere mai sotto il minimo stabilito. Inoltre si evitano i mediatori locali che dettano le condizioni ai contadini, raggirandoli e ricattandoli, mentre le organizzazioni del commercio equo sono in grado di offrire, in caso di necessità, dei prefinanziamenti ai coltivatori fino al 60 per cento del prezzo di vendita garantito all'inizio del raccolto. Accedere al credito è infatti l'altra possibilità per i produttori di resistere alla crisi.

Anna Somenzi (Coop Consumatori)

 

16 Giugno 2003 La Caffeina non fa alzare la pressione

Il cuore di chi ama bere un buon caffè, caffeina compresa, può stare tranquillo. Un' altra conclusione importante è che non è la caffeina ad avere un effetto stimolante sul sistema nervoso, ma le altre sostanze presenti nel caffè. A scagionare caffè e caffeina circa gli effetti sulla pressione e' uno studio svizzero, pubblicato sulla rivista Circulation. Secondo Roberto Corti, inoltre, cardiologo dell 'Ospedale Universitario di Zurigo e capo del team di ricercatori, ''lo studio suggerisce che sono altri ingredienti del caffè i responsabili dell'effetto stimolante sul sistema nervoso''. Ciò dimostra secondo Corti ''quanto poco si sappia degli effetti che questa bevanda così diffusa provoca sull 'organismo''.
I ricercatori hanno misurato la pressione sanguigna, il ritmo cardiaco e l'attività del sistema nervoso di 15 soggetti sani. Sei di loro erano bevitori abituali di caffè, gli altri nove non ne bevevano mai o solo occasionalmente. Ad ognuno e' stato dato un triplo espresso, uno decaffeinato, una iniezione di caffeina o un placebo. Tutte e due le qualità provocavano un significante aumento della pressione sanguigna nei bevitori non abituali, cosa che non si verificava in quelli che ne bevevano regolarmente. ''l'assenza di sbalzi di pressione nei consumatori - continua Corti - sembra indicare che un uso regolare riduca i potenziali rischi di questa bevanda sulla salute, almeno tra coloro che non soffrono di ipertensione. Sono però' necessari studi più approfonditi - conclude - prima di sconsigliare l'uso del decaffeinato agli ipertesi''

Per ulteriori notizie consulta Italiasalute.it

 

16 Giugno 2003 Di Vito Palumbo, Italiasalute.it


Il caffè mantiene sano il fegato


Per molti di noi la giornata può cominciare solo con la prima tazza di caffè. Sappiamo che ci rende più attivi e vitali ma la scienza sta dimostrando sempre di più che il caffè potrebbe aiutare anche a fornire un notevole grado di protezione contro lo sviluppo della malattia epatica.

In una presentazione data oggi al Tea and Coffee Symposium di Roma il professor D'Amicis, Direttore della Unità Documentazione e Informazione Nutrizionale dell'INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca sugli Alimenti e sulla Nutrizione ex I.N.N.) ha evidenziato che il consumo di caffè potrebbe proteggere specificamente contro:
cirrosi del fegato (malattia che provoca lesioni e danneggiamento progressivo del tessuto e della funzione del fegato) malattia della cistifellea - riducendo il rischio di formazione dei calcoli biliari.

Aumento dell 'attività negli enzimi del fegato.

E' riconosciuto che tale aumento è indicativo di un deterioramento nella funzione delle cellule epatiche e dello sviluppo di malattie epatiche. "Questi dati significativi dimostrano che il consumo di caffè potrebbe essere realmente benefico per la salute", afferma il prof. D'Amicis. Nella sua presentazione, il prof. D'Amicis ha parlato di uno studio (Klatsky 1992) che ha dimostrato che il consumo di caffè è inversamente relazionato al rischio di cirrosi alcolica.

Lo studio, al quale hanno partecipato 128.000 adulti, ha dimostrato che il rischio per le persone che bevono quattro tazze di caffè al giorno equivale a un quinto del rischio per coloro che non bevono caffè. Degli studi più recenti (Corrao 2001) hanno confermato i risultati secondo i quali sarebbe specificamente il caffè, e non le altre bevande che contengono caffeina, il fattore chiave che inibisce l'inizio della cirrosi del fegato, sia alcolica che non alcolica.

I risultati di un altro grande studio (Leitzmann 1999) mostrano che negli uomini che bevevano da due a tre tazze di caffè al giorno - filtrato, istantaneo o espresso - il rischio di malattia da calcoli biliari era ridotto del 30/40 %. Negli uomini che bevevano quattro tazze al giorno, la riduzione era ancora più significativa - il rischio era dimezzato. Degli altri studio (Leitzmann 2002) hanno dimostrato lo stesso effetto positivo nelle donne.

Non possiamo vivere senza un fegato che funzioni - per cui ecco la buona notizia - quella tazza di caffè che amiamo bere non ci fa affatto male. Il consumo moderato del caffè non solo aiuta a renderci più attivi e vitali ma potrebbe aiutare anche a mantenere sano il nostro fegato.

Per ulteriori notizie consulta Italiasalute.it

Mixer magazine Febbraio 2003

Il gusto dei...soldi

Troppo spesso il sapore dell'espresso non è buono, è bruciato o acquoso. Perchè? I finanziamenti contano più della miscela?

Di Paolo Borgio e Laura Sabina Conti

Il caffè è il prodotto principe dei bar italiani: la pausa del caffè, rimane infatti, un momento di svago, di relax, uno stacco dal lavoro e un momento per socializzare o per incontrarsi con gli amici. Inoltre, il caffè è senz 'altro la merceologia che avvicina maggiormente i clienti a un locale, particolarmente al mattino,. Da una ricerca del CIRM commisionata da MIXER e FIPE è emerso che il 35% degli intervistati si reca al bar per la prima colazione, consumando il rito quotidiano del caffè e cappuccio con brioches. Il caffè, pertanto è prezioso anche in termini di fatturato, che a seconda della tipologia del locale può rappresentare dal 17 al 52% circa del totale. Eppure qualcosa non funziona come dovrebbe. A fronte di un costante aumento dei consumi extra-domestici (oggi in Italia il canale Ho.re.ca. assorbe circa il 30% dei consumi totali, quando negli anni '90 ne assorbiva solo il 20%), il caffè è una delle poche merceologie a perdere terreno anno dopo anno e a non segnare un trend di crescita positivo. La gente oggi consuma meno caffè al bar, e questo rappresenta un grosso problema per lo stato di salute dei pubblici esercizi. Prima di tutto il caffè è in grado come nessun altro prodotto di offrire all 'esercente un margine di guadagno molto alto: per un 'espresso ci vogliono 8g di miscela, che costano all 'esercente circa 0,18 euro, e lo stesso viene rivenduto a non meno di 0,80 euro. Inoltre se un cliente perde l'abitudine di entrare in una bar per consumare un caffè, probabilmente perderà anche l'abitudine di recarvisi nella pausa pranzo o per l'aperitivo. Si sa poi che un cliente abituale, spesso porta nel bar di fiducia amici o colleghi per consumare un buon caffè, generando ulteriori introiti per l'esercente e ampliando il giro di clienti del locale. Vediamo, quindi, di analizzare quelle che secondo noi sono le cause principali di questa perdita di appeal. Il motivo principale è che spesso il caffè al bar non è buono: o è bruciato o è troppo acquoso. Di solito. La qualità vince ogni settore del Food&Beverage e non si capisse per quale motivo il caffè debba essere un' eccezione. A nostro avviso, la causa di ciò potrebbe essere da ricercare nella complicità utilitaristica e funzionale che si è creata fra molti esercenti e torrefattori. Sulle pagine di MIXER ne abbiamo parlato varie volte e cercheremo ora di essere sintetici. Capita sovente che i pubblici esercizi abbiano difficoltà nell'ottenere finanziamenti da banche o da istituti di credito, e che li ottengano invece grazie ai torrefattori, che tramite il contatto continuo con un locale ne conoscono perfettamente l'andamento e possono fungere da ponte con gli istituti. In questo modo, l'esercente scontera i 4-5000 e talvolta 30-40000 euro ottenuti impegnandosi in contratti pluriennali con il torrefattore, che in alcuni casi diventa il vero padrone della situazione, cambiando qualità di miscela o prezzo a proprio piacimento. Se inizialmente questa pratica ha permesso l'apertura di molti locali, con l'andare del tempo ha assunto risvolti negativi: troppo spesso la qualità del caffè viene messa in secondo piano rispetto ai benefits che un torrefattore garantisce all 'esercente. Quante volte al momento della stipula di un contratto ci si dimentica di provare la miscela proposta dal torrefattore? La logica del tanto il caffè è tutto uguale e al mio cliente piacera di sicuro prevale in troppe occasioni. Nulla di più sbagliato. Dalla ricerca del CIRM è emerso chiaramente che la qualità del caffè è fondamentale per fidelizzare un cliente al bar. Con questo comportamento, un esercente dimentica le 5M necessarie per un buon caffè: macchina, miscela e tostatura, macinatura e dosatura, manutenzione, mano è professionalità. Se l'attrezzatura viene data in comodato dal torrefattore, perchè preoccuparsi della manutenzione? E così, il caffè cresce molto bene nelle cialde e nelle miscele per macchinette da ufficio o da casa, ma non al bar. Le due preparazioni non sarebbero paragonabili nella qualità, ma spesso accade che queste ultime siano migliori. Gli uffici si attrezzano meglio, le persone fanno colazione a casa e i bar rimangono sempre più vuoti. Se nel 1990 il consumo quotidiano medio di caffè in un bar era di 2kg, oggi la quantità è scesa a 1,5 -1,6 kg perdendo il 25% del business più redditizio dell'attività! Oggi si consumano sempre più caffè macchiati e cappuccini...forse per mascherare il cattivo gusto del caffè? Quali soluzioni? Riprendere contatto con il caffè, scegliere un fornitore in base alla qualità della miscela e non in base ai benefits concessi, cambiare la miscela qualora si trovi un migliore rapporto di qualità/prezzo, preparare (come fanno già in molti locali) una carta del caffè, che spieghi le caratteristiche delle miscele. Diventate conoscitori e cultori del caffè i clienti vi ripagheranno . Il successo sarà quasi assicurato.

 
 
 
 
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